RUOLO PRIMARIO DELLE MUTAZIONI DEL DNA MITOCONDRIALE (ICAEM-a) NELLA PATOLOGIA UMANA.

 A cura di Sergio Stagnaro.

 

Introduzione. 1

Anomalie del mit-DNA e patologia umana. 1

Dalle alterazioni mitocondriali alle  malattie umane. 2

Ruolo dei mitocondri nei fenomeni della proliferazione e dell’apoptosi cellulare. 3

La microangiologia clinica e le varie costituzioni semeiotico biofisiche. 5

Bibliografia. 7

 

Introduzione.

 

In precedenti articoli, per la prima volta “clinicamente”, ho dimostrato il ruolo primario delle alterazioni mitocondriali, geneticamente indotte, nella patogenesi delle più gravi malattie umane, inclusi i tumori maligni, solidi e liquidi (1, 2, 3, 4) (V. nel mio sito HONCode 233637, http://digilander.libero.it/semeioticabiofisica, Terreno Oncologico e Oncogenesi (1° e 2° Parte e Costituzioni Semeiotico-Biofisiche); V. anche in Piazzetta, ProfessioneMedica: http://digilander.libero.it/piazzettamedici/professione/professione.htm.

Dopo oltre vent’anni dalla pubblicazione di queste ricerche, gli autori, sebbene ignorando i dati delle mie indagini cliniche, ora puntualmente le corroborano, in verità tardivamente, con comprensibile soddisfazione da parte di chi scrive. Infatti, nell’uomo, le cellule accumulano notoriamente mutazioni somatiche del DNA mitocondriale (mit-DNA) come componente del normale invecchiamento. Nell’insieme dei tessuti la concentrazione generale di queste mutazioni è scarso; tuttavia, un elevato numero di differenti mutazioni del mit-DNA si sviluppano in singole cellule all’interno della stessa persona, provocando alterazioni mitocondriali età-dipendenti.

A questo proposito, bisogna ricordare, fatto importante, la trasmissione per via materna di una particolare alterazione mitocondriale funzionale, l’ ICAEM-a (1, 2, 3, 4), su cui possono agire negativamente i numerosi fattori ambientale di danno del DNA, sia mitocondriale che nucleare, provocando appunto le mutazioni acquisite.

Alcuni tumori contengono un alto numero di mutazioni del DNA mitocondriale, assenti in tessuti sani dello stesso individuo (5). Sono ormai ben note le modificazioni mitocondriali, osservabili in pazienti affetti da un gran numero di malattie neurologiche, di cui ne rappresentano la causa (3): l’incremento delle alterazioni mitocondriali spiega il progredire della patologia neurologica. Con l’invecchiamento, inoltre, si moltiplica il danno del mit-DNA, analogamente a quanto accade nei tumori maligni.

In questo articolo esaminerò quanto già noto e quanto di nuovo oggi è dimostrato nella relazione sicuramente esistente tra mutazioni del mit-DNA e l’insorgenza dei tumori e della altre patologie umane più frequenti e gravi, sulla base dell’ ICAEM-a (1, 2, 3).

 

Anomalie del mit-DNA e patologia umana.

 

Con il passare degli anni aumentano le anomalie del DNA mitocondriale negli individui apparentemente sani (6), ma in realtà portatori dalla nascita dell’ICAEM-a (1, 2, 3, 4). Infatti, nei  vecchi è stata dimostrata una ampia varietà, veramente tipica, di differenti delezioni di mit-DNA nei tessuti post-mitotici, come il muscolo scheletrico, miocardio e cervello (7, 8); questi dati sono stati corroborati clinicamente con la Semeiotica Biofisica, che ha permesso di  descrivere le alterazioni funzionali ereditate per via materna, sopra riferite, precedentemente sconosciute.

A mio parere, le descritte alterazioni del mit-DNA, correlate con l’invecchiamento e le comuni patologie umane, insorgono sotto l’azione negativa dell’ambiente e del passare del tempo, ma esclusivamente in individui ICAEM-a-positivi di una certa suscettibilità e gravità: fatto molto significativo, nella personale esperienza, “tutti” i soggetti ultanovantenni mostrano normali livelli tessutali di CoQ10, substrato coenzimatico essenziale della catena respiratoria mitocondriale (ciclo Q).

Quando le mutazioni nelle singole cellule superano la concentrazione soglia, ne consegue un difetto della fosforilazione ossidativa mitocondriale (6): solo in età media-avanzata l’ICAEM-a può presentarsi con una multiforme sintomatologia clinica, in precedenza del tutto assente. I vari complessi della catena respiratoria mitocondriale (I, III, IV, and V) possono essere coinvolti in vario modo, ma il complesso IV (citocromo-ossidasi, COX) è spesso colpito, come è dimostrato in singole cellule con  metodiche enzimatiche istochimiche (9). A questo punto, appare interessante il fatto che, sebbene singole cellule sono colpite dal deficit di COX, i risultati biologici che  conseguono alla disfunzione cellulare possono essere veramente notevoli, specialmente se le cellule fanno parte di una rete complessa, per es., il sistema nervoso centrale (5).

Pertanto, l’espansione clonale di una singola mutazione somatica del mit-DNA ha importanti implicazioni per una cellula, anche se non sono noti i meccanismi di produzione del processo. A questo proposito, autori hanno osservato che un certo numero di tumori contenevano mutazioni del mit-DNA che non erano presenti nei tessuti sani dello stesso individuo (5). Si tratta di un dato di estremo interesse ai nostri fini, che, corroborando i dati “clinici” delle personali ricerche, dimostra la possibilità di un intervento dei mitocondri nell’oncogenesi, sostenuta da chi scrive da oltre vent’anni, e di nuove vie nella diagnosi precoce (1), come ora suggerito “anche” da altri autori (10).

La disfunzione mitocondriale è alla base anche di altre numerose patologie, secondo altri autori (11) in perfetto accordo con quanto ho riferito per la prima volta con metodi clinici molti anni or sono (12, 13) (V. il sito citato, Costituzioni Semeiotico-Biofisiche).

A mio parere, l’intervento di mutazioni del mit-DNA e di fattori ambientali negativi sul patrimonio cromosomico mitocondriale di individui intensamente ICAEM-a-positivi, magari localizzato in ben determinate aree di un sistema biologico, provoca gravi patologie nervose in associazione a localizzazioni multisistemiche come il diabete mellito (13, 14) e la cardiomiopatia (15).

 Oggi è generalmente ammesso che questi individui hanno in genere ereditato dalla madre varie mutanti di mit-DNA (eteroplasmia), che provocano una fenomenologia clinica soltanto in età media-avanzata a causa dell’accumulo di cellule con deficit di COX, che si osserva nel normale invecchiamento, secondo autori che ignorano l’ICAEM-a (16, 17).

La precisa conoscenza dei meccanismi alla base dell’accumulo di alterazioni del mit-DNA, a mio parere, in individui ICAEM-a-positivi, potrebbe fornire una chiave di lettura per il tempestivo riconoscimento delle numerose patologie ed auspicabilmente per la loro terapia.

 

Dalle alterazioni mitocondriali alle  malattie umane.

 

A questo punto possiamo chiederci come si passa dalle alterazioni del mit-DNA alle tre differenti condizioni, come invecchiamento, cancro e le numerose patologie mitocondriali. Nel processo dell’invecchiamento, singole cellule postmitotiche, che non si dividono ulteriormente, acquistano una singola molecola mutata del mit-DNA in una popolazione cellulare di 10.000 o più mit-DNA (5). Attraverso la clonazione, differenti mutazioni si espandono in parallelo in cellule individuali, con la conseguente distribuzione casuale del deficit di COX.

Per quanto concerne il tumore, una mutazione apparentemente neutrale subentra nell’intera neoplasia, probabilmente come conseguenza dell’espansione clonale della mutazione all’interno della cellula progenitrice del tumore, prima della formazione del tumore. Come dirò in seguito, in realtà, alterazioni mitocondriali “funzionali” (ICAEM-a) sono presenti in tutte queste cellule, sebbene con differente intensità, variabile da tessuto a tessuto e da parte a parte di uno stesso tessuto: la cellula progenitrice “neoplastica” può proliferare perché inclusa in un ambiente a lei favorevole (V. Oncogenesi nel sito citato e in Piazzetta, http://digilander.libero.it/piazzettamedici/professione/professione.htm).

Al contrario, nei pazienti con malattie mitocondriali le mutazioni sono ab initio caratteristicamente >20% ed aumentano nei vari tessuti progressivamente, portando ad un aumentato numero di mit-DNA mutato nei tessuti e, quindi, ad un incremento delle cellule con deficit di COX. Notoriamente i processi genetici mitocondriali sono complessi. Infatti, a differenza di quanto accade nel DNA nucleare, che si duplica una volta nel ciclo cellulare, il mit-DNA è degradato e riprodotto continuamente anche in cellule che non si dividono, per esempio, le cellule del muscolo scheletrico e le cellule nervose: relaxed replication (18).

Accanto a ciò, nei tessuti mitotici, sia i mitocondri che le molecole di mit-DNA devono essere ripartite in modo grossolanamente uguale nelle cellule figlie durante la divisione cellulare binaria: questo fenomeno è noto come “omoplasmia” (19). Nel normale invecchiamento, nelle malattie da mit-DNA, nel cancro, la situazione è ulteriormente complicata dalla presenza di una popolazione mista di specie di mit-DNA: “eteroplasmia” (20). Mediante una tecnica altamente sofisticata autori hanno chiarito il meccanismo d’azione che conduce alla espansione clonale del mit-DNA mutato durante la vita di una persona e il conseguente accumulo di cellule negative per la COX ad una velocità identica a quella osservata in vivo (21).

In modo analogo, altri autori hanno studiato le mutazioni del mit-DNA nella neoplasia con la simulazione di una popolazione di cellule, rapidamente moltiplicantisi, che conteneva un certo numero di molecole di mit-DNA in ogni cellula (22). Con questo metodo gli autori dimostrarono che nella distribuzione del patrimonio mitocondriale vi era una distribuzione casuale nel grado di eteroplasmia all’interno della popolazione cellulare. Le cellule figlie, che potevano diventare cellule progenitrici del tumore, contenevano, pertanto, un elevato numero di mutazioni del mit-DNA che potrebbe costituire una nuova molecola mutante e, quindi, i tumori conterrebbero mutazioni omoplastiche di mit-DNA (22).

Tutte queste ricerche non hanno potuto dimostrare il valore reale delle mutazioni del mit-DNA nell’oncogenesi, a differenza di quanto accaduto per altre malattie neurodegenerative sicuramente collegate alle alterazioni del mit-DNA, che si  manifesta costantemente in cellule che non si dividono (23). Una possibile spiegazione, che terrebbe conto di una serie di interessanti osservazioni, condotte nelle tre differenti situazioni, è quella che non suggerisce che la variazione genetica fortuita è il solo meccanismo implicato in questi processi, ma che si tratta di un processo veramente ricco di conseguenze, comune per l’invecchiamento, il cancro e le malattie correlate con le mutazioni del  mit-DNA (23). Sulla base della evidenza, l’accumulo di mutazioni del mit-DNA appare essere l’inevitabile conseguenza del meccanismo cellulare che mantiene l’omeostasi del mit-DNA.

Di seguito, esaminerò, brevemente ma non superficialmente, l’importanza delle anomalie mitocondriali (ICAEM-a) nella regolazione della duplicazione cellulare e, di conseguenza, nella oncogenesi, perché esse contribuiscono a dimostrare la validità della mia teoria sulla insorgenza dei tumori, di cui l’ ICAEM-a , rappresenta la conditio sine qua non(V. siti citati: Oncogenesi, due articoli e Medscape: http://boards.medscape.com/forums?50@8.9EJSap9MblC^2@.eea4b05, http://boards.medscape.com/forums?50@8.9EJSap9MblC^2@.eea4b05).

Ruolo dei mitocondri nei fenomeni della proliferazione e dell’apoptosi cellulare.

 

La distribuzione della cardiolipina (CL), sostanza essenziale per la funzionalità di alcune proteine mitocondriali, tra membrana  mitocondriale interna ed esterna è di cruciale importanza per la sintesi dell’ATP. Sono state dimostrate, infatti, alterazioni nella distribuzione della CL durante le prime fasi dell’apoptosi (24). Nelle cellule apoptosiche, la CL si sposta nella parte esterna  della membrana mitocondriale interna in modo tempo-dipendente, prima della comparsa dei markers dell’apoptosi, come l’esposizione sulla membrana citoplasmatica di fosfatidil-colina, modificazione dei potenziali di membrana, frammentazione del DNA, ma dopo la sintesi dei radicali liberi (24).

Per quanto riguarda l’esposizione della fosfatidil-colina sulla superficie esterna della membrana cellulare, essa è associata ad analoga eposizione nei mitocondri, corroborando l’ipotesi che la mitoptosi rappresenta un sistema di regolazione di primaria importanza per la morte cellulare programmata, che si osserva anche nelle cellule neoplastiche dopo trattamento con agenti antineoplastici (24).

E’ ormai dimostrato che la morte programmata della cellula è correlata alla dismissione di citocromo c da parte dei mitocondri, operata con l’intervento complesso di numerose proteine, per esempio, della famiglia BCL-2. Ne consegue che la regolazione della proliferazione cellulare e dell’apoptosi necessita di un fisiologico funzionamento del mit-DNA (25).

          In realtà, l’induzione dell’apoptosi può essere realizzata in modi differenti, come dimostrato da autori che hanno utilizzato in vitro acido trans-retinoico in cellule carcinomatose, osservando una graduale riduzione del turnover ossidativo mitocondriale e del livello di cardiolipina accanto ad un modesto declino del potenziale di membrana dei mitocondri (26), corroborando, ancora una volta, l’importante ruolo della funzione del mit-DNA nei processi regolativi della replicazione cellulare. Infatti, a proposito dell’apoptosi indotta da substrati contenenti il nucleo vanilloide, autori hanno dimostrato che l’apoptosi coinvolge la respirazione mitocondriale. L’effetto pro-apoptosico promosso  dalla terapia vanilloide e gli effetti antiproliferativi osservati in cloni cellulari con deficit del consumo di O2 mitocondriale suggeriscono, da un lato, l’utilizzo di queste sostanze nella prevenzione e terapia del cancro cutaneo (27) e, dall’altro, il ruolo primario dei mitocondri (mit-DNA) nella cancerogenesi, come vado sostenendo da tempo (1, 2, 3) (sito citato, Pratiche Applicazioni, Istangiopatia Congenita Acidosica Enzimo-Metabolica ed Oncogenesi in Terreno Oncologico, prima e seconda parte; http://digilander.libero.it/piazzettamedici/professione/professione.htm).

 In realtà, i mitocondri sono i principali attori dell’apoptosi; essi rappresentano il punto centrale di diversi segnali apoptosici (28). Si spiega così il tentativo di sopprimere la proliferazione cellulare dei tumori umani colpendo i mitocondri, per esempio intervenendo sul calcio intracellulare e sulla sua regolazione, che recita un ruolo di primo piano nella proliferazione cellulare (29). Questi eventi sono controllati dai mitocondri, configurandosi come possibile bersaglio di future terapie antineoplastiche (29).

Tra le modificazioni iniziali, osservate durante l’apoptosi, indotte dalla chemioterapia, vi è, come riferito sopra,  il rilascio di citocromo c da parte dei mitocondri. Sebbene i suoi reali meccanismi responsabili sono tuttora sconosciuti, in alcuni casi la caspasi-2 recita un ruolo importante, come dimostra la sua inibizione farmacologica ostacolante la liberazione del citocromo  c mitocondriale (30).

In sintesi, vi sarebbe un’interessante interazione tra la caspase-2, il danno terapeutico del DNA e la via mitocondriale per l’apoptosi,  sicuramente presente, evidenziando, ancora una volta, che la disfunzione mitocondriale si ripercuote, negativamente o positivamente, sulla moltiplicazione cellulare e, quindi, sull’oncogenesi. Infatti, i mitocondri non sono soltanto la maggiore fonte di produzione di ATP per la cellula, ma recitano un ruolo primario nella regolazione dell’apoptosi (31).

L’incremento della permeabilità delle membrane mitocondriali (apertura dei pori di transizione della permeabilità, interruttori della vita-morte cellulare) provoca la liberazione di alcuni tipi di fattori apoptogenetici dagli spazi intermembrana, come il più volte ricordato citocromo c, Fattori Inducenti Apoptosi (AIFs), pro-caspasi e Ca++. Tutti questi fattori possono attivare le caspasi (in particolare 9 e 3), le proteine principali dell’apoptosi, oppure distruggere la cromatina intranucleare, o interagire con altre proteine Ca++-dipendenti. La conseguenza è l’alterazione strutturale con disfunzione e rottura della cellula, la degradazione cellulare in corpi apoptici e, infine, la morte cellulare, configurandosi novità nella terapia di numerose patologie (31).

In realtà, la comprensione del ruolo-chiave dei mitocondri e del mit-DNA nel determinare vita e morte cellulare può auspicabilmente gettare nuova luce nella comprensione del loro essenziale  ruolo nell’oncogenesi, come da me sostenuto da oltre vent’anni (1).

 A questo proposito bisogna considerare che ogni evento che riduce la fosforilazione ossidativa (OXPHOS) potrebbe rappresentare un vantaggio per la proliferazione nei confronti di cellule trasformate o tumorali appartenenti ad un tessuto ossidativo, dirigendo i vari substrati in direzione della biosintesi piuttosto che verso l’ossidazione, come hanno dimostrato autori in eleganti esperimenti condotti in cellule ottenute da tre tipi di tumori renali di 25 pazienti e studiandone enzimi mitocondriali, DNA e proteine  della OXPHOS (32). Più aggressive risultarono le cellule del cancro renale (RCCs) del tipo a cellule chiare (CCRCCs), originate dai tubuli prossimali, mentre le RCCs cromofile della stessa origine erano meno aggressive. Le cellule di derivazione dai tubuli collettori risultarono benigne. Il contenuto in enzimi e DNA in tutti i tumori apparve nettamente differente dagli stessi componenti delle cellule renali sane, risultando la compromissione tanto maggiore quanto maggiore era la aggressività delle RCCs, sempre correlata con la considerevole riduzione del contenuto dei complessi della OXPHOS (complessi II, III e IV della catena respiratoria e del rapporto ATPasi/ATP sintetasi) piuttosto che con il contenuto mitocondriale (citrato sintetasi e mit-DNA) (31). In conclusione, i risultati di questa ricerca sono in accordo con l’ipotesi che la diminuita capacità OXPHOS favorisce la rapida crescita o incrementa l’aggressività delle cellule tumorali (31), corroborando quanto dimostrato da me “clinicamente” oltre vent’anni fa (1, 2, 3, 4).

Esiste ormai una vasta letteratura a dimostrazione del fatto che l’apoptosi è una forma importante di morte cellulare programmata, essenziale nello sviluppo e nella omeostasi tessutale di organismi multicellulari. Anomalie nel controllo della morte cellulare può portare a numerose patologie, inclusi i tumori e le malattie degenerative (32), corroborando i dati delle mie ricerche cliniche, sopra riferite (V. anche: Costituzioni Semeiotico-Biofisiche, nel sito citato).

Di conseguenza, il processo apoptosico è strettamente regolato attraverso vie di segnalazione molteplici ed indipendenti, che possono  iniziare questa serie di eventi mediante stimoli insorti o all’interno della cellula oppure alla superficie cellulare. Solo recentemente, con mia personale soddisfazione, i mitocondri sono assurti a componenti centrali di queste vie di segnalazione apoptosiche ed ora è ben noto che esse controllano l’apoptosi attraverso il rilascio di particolari proteine apoptosiche (33).

Dal punto di vista della importanza del ruolo svolto dall’ICAEM-a nell’insorgenza delle più comuni e gravi malattie umane, incluso il tumore meligno, secondo quanto vado sostenendo da anni (V. anche il mio lavoro: Medscape, “A new possible mechanism of oncogenesis”: http://boards.medscape.com/forums?50@182.lDjZaIfdb9J^1@.ee9d518 e altrove, URL: <http://www.amyloiddiabetes.com/forum/read.php?f=1&i=114&t=107), appare interessante il risultato di una indagine che ha dimostrato che eso-prodotti batterici (esotossina dello pseudomonas aeruginosa) possono provocare danno all’epitelio delle vie respiratorie e che nel  processo riparativo epiteliale, le cellule epiteliali respiratorie non ristabiliscono i complessi intercellulari giunzionali fisiologicamente intensi, tanto che ne deriva una suscettibilità particolare di fronte alla virulenza di vari fattori batterici (34). I risultati di questo studio dimostrarono, inoltre, che la morte delle cellule  epiteliali delle vie respiratorie, indotta dalla tossina, era preceduta dalla precoce disfunzione mitocondriale, da alterazione del mit-DNA e dalla produzione di anioni superossidi, ma non dalle classiche alterazioni proprie dll’apoptosi, corroborando la necessità di un fisiologico funzionameto del mit-DNA per la vita della cellula (34).

Mitocondri e stress ossidativo recitano un ruolo centrale nell’apoptosi neurodegenerativa, come dimostrano ricerche sempre più numerose (34). Per esempio, autori hanno dimostrato che la tossicità del peptide b-amiloide-25-35, osservata in cellule di coltura, è mediata dagli effetti svolti sulla funzione mitocondriale attraverso l’induzione di apoptosi secondaria ad alterazione della fisiologia mitocondriale (34). Infatti, cellule carcinomatose (teratocarcinoma umano), trattate con questa sostanza amiloide, rilasciavano citocromo c con conseguente attivazione  della caspasi 9 e 3, ed incremento delle specie reattive di O2, a dimostrazione che il  fisiologico funzionamento mitocondriale è la condizione essenziale per il destino cellulare (34).

La microangiologia clinica e le varie costituzioni semeiotico biofisiche.

 

            A questo punto possiamo esaminare le differenti costituzioni semeiotico-biofisiche dal punto di vista microangiologico-clinico, evidenziandone eventuali caratteristiche, osservando subito che i vari quadri, di volta in volta descritti, necessariamente si differenziano tra loro e appaiono facilmente individuabili bed-side, sebbene si presentano come variazioni di uno stesso tema. Ne consegue che non è possibile tracciare un unico modello microangiologico-clinico di costituzione semeiotico-biofisica, valido per patologie così variabili per natura e patogenesi, anche se il loro fondamento è praticamente identico: l’ICAEM-a.

Per esempio, pensiamo alla similitudine-differenza sul piano microangiologico tra la costituzione ipertensiva (stadio pre-ipertensivo) (35), da un lato, e la costituzione diabetica (stadio-prediabetico), dall’altro (36), dove vi sono alterazioni istangiche comuni, ma quelle pancreatiche, epatiche e del tessuto  adiposo si osservano esclusivamente nel secondo caso.

In realtà, come abbiamo più volte ricordato, le più gravi patologie umane, da quelle metaboliche ai tumori maligni, insorgono sulla base dell’ICAEM-a (V. Terreno Oncologico nel sito citato, e 1, 2, 3), che ne rappresenta la conditio sine qua non ed è l’espressione clinica del loro legame genotipico, sicuramente esistente, da noi dimostrato “clinicamente” (37).

 

Negli anni ’80, mediante una diapositiva proiettata in numerosi congressi nazionali, internazionali e mondiali, abbiamo illustrato questi concetti con l’efficace analogia di un albero, le cui radici e tronco rappresentavano l’ICAEM-a, mentre i numerosi rami  raffiguravano le malattie metaboliche ed endocrine, l’ipertensione arteriosa, la litiasi epato-renale, i tumori, ecc.

Allora  non avevamo, comprensibilmente, le necessarie conoscenze semeiotico-biofisiche, indispensabili per suggerire l’attuale teoria delle differenti  costituzioni: la Semeiotica-Biofisica e la Microangiologia Clinica hanno avuto origine successivamente, a partire dal 1990.

 

Se è facile evidenziare il “legame”, di natura genetica, esistente tra le più gravi malattie umane, cioè l’ICAEM-a (37), non è affatto facile  illustrare in modo sintetico le “differenze” che contraddistinguono l’espressione del genoma sul piano microangiologico-clinico descrivibile in termini semeiotico-biofisici.

Di conseguenza procediamo con chiarezza logica descrivendo, senza tuttavia contrapporli ma superandoli nella sintesi, concetti generali e aspetti particolari alla base della nostra interpretazione della costituzione microangiologica o ereditarietà.

 

E’ un dato di fatto che non “tutte” le donne ICAEM-a positive, in una età preferibilmente tra i 20 e i 55 anni, colpite da virus influenzali, vanno incontro alla Polimialgia Reumatica Acuta Benigna Variante (PRABV), da noi descritta (16, 17, 18), che presenta punti in comune e nette differenze con la polimialgia classica.

Detto altrimenti, in un gruppo di pazienti, ICAEM-a positive, confrontabili per età, sesso, malattia di base (influenza), vi è un fortunatamente limitato sotto-insieme predisposto alla PRABV e alle altre connettiviti. A questo proposito bisogna ricordare che, trattandosi di pazienti con patologie autoimmuni, dove si osserva un’aumentata e disordinata sintesi anticorpale, è generalmente assente il terreno oncologico.

Pertanto, si tratta d’indagare la differenza, di natura biologico-molecolare, geneticamente orientata, sicuramente esistente tra i due sotto-gruppi di donne (o uomini, sebbene con minore frequenza), solo apparentemente uguali, per giungere auspicabilmente alla definizione della costituzione reumatica.

La possibile realtà di una simile condizione è suggerita dalla presenza di forme reumatiche nella stessa famiglia e la frequente associazione di più manifestazioni reumatiche nello stesso individuo (CREST), a cui si contrappone l’assenza di queste patologie in altre persone, appartenenti a determinati gruppi familiari, confrontabili con i primi  per l’ambiente di vita, la cultura e lo stato sociale.

Come riferito ampiamente più avanti, l’espressione microangiologica-clinica del genotipo “reumatico” è simile all’istangiopatia reumatica, anche se di “lieve” intensità.

A questo proposito è necessario ricordare e sottolineare un dato di estremo interesse, che corrobora la verità scientifica della teoria semeiotico-biofisica alla base della costituzione reumatica: nella polimialgia reumatica esclusivamente le articolazioni rizomeliche – quelle che sono colpite dalla connettivite – sono sede delle caratteristiche alterazioni microvascolari, causa dei segni semeiotico-biofisici autoimmuni (SAL), come ampiamente descritto nei citati articoli, mentre le altre articolazioni – sempre risparmiate – mostrano un fisiologico sistema microvascolotessutale.

Inoltre, donne a rischio reale della PRABV o da questa malattia guarite ormai da anni o decenni, presentano i segni caratteristici semeiotico-biofisici della costituzione reumatica, con una intensità decrescente  a partire dalle grandi articolazioni rizomeliche fino a quelle periferiche (le piccole articolazioni sono risparmiate da questa reumopatia).

L’evidenza clinica, dunque, corrobora il valore scientifico della nostra teoria oggetto di discussione e, in particolare, della  costituzione reumatica.

 In realtà, essa sottolinea la generale validità della nostra interpretazione dell’intuizione iniziale di una contemporanea estrinsecazione microangiologica, clinicamente accertabile quantitativamente, dell’informazione contenuta nel genoma, anche quando è sede di mutazioni o di altre alterazioni, notoriamente rilevate finora da modificazioni del solo parenchima e, naturalmente, del genoma stesso con metodiche assai sofisticate. Analoghe considerazioni si possono applicare alla costituzione osteoporotica (41).

 

Una ulteriore evidenza clinica a sostegno della teoria semeiotico-biofisica da noi sostenuta è rappresentata dal tipo di microcircolo del tessuto adiposo addominale (non periferico) di soggetti a rischio “reale” di dislipidemia, dei dislipidemici e di individui al momemnto sani, ma che in passato hanno presentato livelli ematici di colesterolo, totale e/o LDL, e/o trigliceridi elevati.

In una ormai lunga e sicura esperienza al letto del malato abbiamo osservato che in “tutti”  questi individui, senza alcuna eccezione (l’affermazione “tutti”, dal punto di vista epistemologico è assai ricca d’informazione e di valore scientifico perchè può essere facilmente falsificata), da sempre è presente una caratteristica alterazione dei Dispositivi Endoarteriolari di Blocco (DEB) (V. avanti), cioè la durata d’apertura, valutata come durata del riflesso ureterale medio (= dilatazione del terzo medio dell’uretere: V. Pagine  Tecniche, N° 3, nel sito) durante stimolazione di “media” intensità dei relativi trigger-points, per esempio, mediante pizzicotto persistente e di media intensità della cute di un fianco, è < 20 sec. (NN = 20 sec.) e la durata della chiusura o della scomparsa del riflesso è > 6 sec. (NN = 6 sec.). Dal punto di vista emoreologico, questa situazione corrisponde al diminuito flusso capillare-venulare, espressione di alterazione parenchimale locale, rivelato anche dal semplice precondizionamento del tessuto adiposo, sempre correlato con la Riserva Funzionale Microcircolatoria (RFM). L’alterazione microcircolatoria descritta precede di anni e decenni l’insorgenza della dislipidemia, la quale ovviamente può rimanere “potenziale”, cioè non manifestarsi “clinicamente”, quando il soggetto segue attentamente il corretto programma dietetico, intendendo la dieta in senso etimologico.

Come il lettore certamente comprende, numerosissime evidenze cliniche, del tipo di quelle sopra brevemente riferite, corroborano la nostra “intuizione” della valenza microcircolatoria delle varie costituzioni e della loro interpretazione patogenetica quale azione svolta dal genoma sull’anatomia e sulla funzione dell’unità microvascolotessutale dei differenti sistemi biologici, di volta in volta interessati, e non soltanto sui relativi parenchimi, secondo il concetto tischendorfiano di Angiobiotopie.

A questo punto, se esistono “veramente” le varie costituzioni semeiotico-biofisiche, il problema che si pone è quello del loro riconoscimento clinico con l’aiuto della nuova semeiotica, come illustrato da chi scrive, finalizzato alla prevenzione primaria delle rispettive malattie(V. sito citato, Costituzioni Semeiotico-Biofisiche).

Bibliografia.

 

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