La vecchina

 (Francesco Gugliotta)  
 

La stanza dell’ospedale era ancora avvolta da una densa oscurità anche se da sotto le imposte, furtiva, si affacciava la luce fioca della strada.Il silenzio era turbato dal cicaleccio continuo degli infermieri che, scambiandosi le consegne nel corridoio  e anche  con il rumore delle loro ciabatte, provvedevano ad aumentare l’intensità di quei rumori, appannaggio dei reparti ospedalieri.La porta che era socchiusa ad un certo momento si aprì ed apparve la figura di una infermiera che si diresse ad aprire la serranda della finestra.Era di corporatura normale,graziata nell’incedere, elegante nelle movenze e mostrava un volto delicato e insieme stanco per un nottata trascorsa badando ai degenti.

Il rumore della serranda bastò a far sobbalzare il paziente che ivi era degente.

Era un medico, di quelli della mutua, di quelli pertanto che vengono considerati alla stregua di burocrati eccellenti, capaci a scrivere ricette e a menare il can per l’aia ai propri pazienti. Lui, peraltro,nella sua smania di perfezione aveva da tempo regolato il lavoro in modo tale da mantenere un vero e proprio carico e scarico dei suoi pazienti. Ogni qualvolta avvenivano nuove scelte di nuovi pazienti nel suo elenco, per strane coincidenze o per chi sa per quali premonizioni di tipo eutanasico, inesorabilmente volgevano al creatore altrettanti individui cosi che la somma totale non variava quasi mai.Di ciò lui si compiaceva con i suoi amici della corsa e loro spesso lo lasciavano indietro per prudenza, mista a una certa preoccupazione della trasmissione di qualche influsso magico sul loro stato di salute che poi… chi sa..poteva produrre effetti spiacevoli….

Appena tentò di muovere le gambe un violento dolore lo condusse alla ragione ed egli si immobilizzò in attesa degli eventi; l’infermiera con voce accattivante gli chiese come stesse e lui si sforzò di emettere un bisbiglio che nulla poteva esprimere giacchè l’anestesia subita il giorno prima lo relegava ancora tra i tanti tolli di cui è ricca la nostra società del benessere.

Il giorno precedente aveva subito un’operazione chirurgica per ricomporre i frammenti di una seria ferita tibiale bilaterale e adesso si trovava ancora nel limbo dell’incoscienza non al punto di riconoscere le gradevoli fattezze dell’infermiera alla quale con voce strozzata, alzando non si sa come un braccio, tentava di esprimerle il suo compiacimento,completandolo con  il tentativo molto maldestro di valutare direttamente con mano i torniti fianchi dell’infermiera. Lei con un gridolino strozzato, adusa a tali comportamenti,era riuscita a evitare il contatto e a sgattaiolare fuori.

Lui tentò di riflettere per scoprire come mai si trovasse li su quel letto di chi sa quale Ospedale e perché avesse così forti dolori alle gambe; inoltre le stesse erano ricoperte da un ampio bendaggio e allora intuì che doveva essersi spezzato le gambe in qualche circostanza.

Ma quale circostanza?

Si sforzò di ripercorrere con la memoria cosa avesse fatto il giorno precedente.

Poi pian piano cominciò tutto a essere più chiaro: di buon mattino, ancor prima di iniziare l’orario di ambulatorio si ricordò di essere andato a trovare una sua vecchia paziente (che in maniera forse troppo disinvolta lui aveva relegato in un certo elenco….).Aveva suonato, gli era stato aperto il portone  e aveva salito quei gradini che erano in proporzione più alti rispetto ai normali gradini e sopratutto la scala (come ben sapeva) era abbastanza irta al punto che per facilitare l’ascesa si era appoggiato a un robusto passamani fissato ai lati della parete.

Per lui atleta stagionato e avvezzo a ben altre difficoltà fù abbastanza semplice e facile salire su nell’appartamento della vecchietta la quale lo accolse con commozione,con le lacrime agli occhi e lo abbracciò come se fosse un suo figlio.Anche lui si commosse e si inorgoglì benevolmente constatando come la sue persona e la sua figura fossero così importanti per la vecchietta e contento di poterle offrire almeno un momento di pace e di sfogo ai suoi dolori.Dopo essersi informato sulle condizioni e averla visitata le diede i consigli del caso. Alla fine della vista si congedò e in quella circostanza la vecchietta non lesinò di riabbracciarlo e proprio mentre lui si trovava sull’uscio di casa, alla stregua di una mamma amorevole che accompagna su per l’irto cammino della vita il figlio prediletto, lo sospinse con un buffetto affettuoso sulle spalle, propinandogli nel contempo un potentissimo ‘ A MARUONNA L’ACCUMPAGNA’.

E in effetti era stato proprio così, perchè l’ambulanza che a sirena spiegata lo portava in rianimazione apparteneva alla MATER MISERICORDIAE !

Poi ricordò di non avere ricordato più nulla!!!!