Spino, il gatto viziato

Camillo De Milato



Il porto di Risicò, non è diverso dai porti di pescatori di tutto il mondo. Un po’ ventoso, ma dal clima accettabile tutto l’anno. 
Le pescherie ed il mercato, vicini al molo, brulicano di passanti attirati dalle grida dei venditori, in gara a vendere i loro prodotti.

Ogni mercante, naturalmente, giura che la sua mercanzia è quella più economica o più fresca.
Sul molo, il via-vai di casse di pesce richiama gruppi di gatti e, più nascosti, frotte di topi.

In questi posti esiste una speciale coesistenza dei gatti con i topi, benchè la natura tra i due esseri sia quella della perenne lotta tra cacciatore e preda.
Questa tolleranza è merito dall’abbondanza del cibo nel porto. 

I pescatori, generalmente, buttano via le parti dei pesci che non riescono a vendere, come le teste, rendendo felici e sazi i gatti. 
Questi ultimi, sempre con la pancia piena, preferiscono fare lunghe dormite, anzichè perdere tempo a dare la caccia a quei topi così antipatici.

I topi, da parte loro, contenti della tregua, cercano di non dare troppo nell’occhio, per non mettere in pericolo quella situazione a loro così favorevole e vivere relativamente in pace. 
Non dimentichiamo che il loro pericolo maggiore sono le persone e, purtroppo per i topi, nemmeno gli uomini con la pancia piena sono tolleranti nei confronti dei piccoli roditori. 
Bisogna riconoscere però che i topi, anche loro con la pancia piena di avanzi di pesce, non avevano bisogno di mangiare tutto quello che capitava. 
Le reti dei pescatori e il legno delle barche non venivano mai rosicchiati e così i pescatori non erano così impegnati a combatterli in maniera ossessiva.
Si dice che”le cose belle poi finiscono “. 
E così sembrò essere anche in quella situazione.

Spino, un grosso gatto grigio, era stato portato dalla padrona presso l’ambulatorio veterinario, che si trovava nei pressi del porto, per medicare un taglio al collo, che Spino si era procurato nel lottare contro un’altro gatto.
Spino era un gatto domestico. 
Dopo aver ben mangiato e fatto la sua dormitina, miagolava per richiamare l’attenzione della padrona per farsi aprire la porta e andava a curiosare intorno alle villette a schiera, nella zona dove abitavano. 
Era un gatto coccolato e viveva felice delle attenzioni e l’affetto che la padrona gli riservava.

Non era la prima volta che Spino andava dal veterinario, ma era memore della sofferenza e dolore dell’ultima visita, nel corso della quale la padrona lo aveva fatto castrare. 
Terrorizzato, Spino dette uno strappo alla padrona e, approfittando della porta che si apriva per far entrare un’altro gatto da visitare, scappò fuori.

I rumori e la gente fuori in strada, terrorizzarono ancor di più Spino che, correndo appiattito, si diresse presso il molo e si nascose dentro un cunicolo. Il cuore gli batteva forte e cominciava a pentirsi di essere scappato e di essere lontano dalla protezione e dalle cura della padrona.
Questa, infatti, non si dava pace di aver perso Spino e aveva il rimorso di non essere stata attenta. 
Il fatto che il suo gatto, così bisognoso di lei, fosse scomparso, la faceva disperare. 
E, purtroppo, la ricerca del suo micio in giro per il porto, durata ore e ore, era risultata inutile.

Il gatto, di sera, quando la gente era ritornata nelle proprie case, si fece coraggio ed uscì fuori dal cunicolo. Era disperso. 
I forti odori del porto non gli consentivano di trovare, con lo straordinario fiuto dei gatti, la via del ritorno. 
E cominciava a sentire fame. 
A quest’ora la sua padrona gli avrebbe dato la pappa e si sarebbe addormentato sul letto, vicino a lei. 
E faceva anche freddo! Spino cominciava a realizzare quanto fosse difficile vivere da gatto randagio e di quanto fosse fortunato ad avere una padrona come la sua.

Sentiva un odore pungente, si avvicinò e vide tre gatti randagi che mangiavano le frattaglie di un pesce. 
Questi soffiarono all’intruso che, spaventato ed impaurito, ritornò al sicuro del cunicolo.
La sera dopo, si ripetè la stessa storia. Solo che Spino era veramente affamato e cercò di resistere alla prepotenza di altri gatti che, padroni del territorio, mal sopportavano la presenza di un altro gatto adulto. 
Specialmente Ariosto, un grosso gatto bianco e nero, sempre vissuto da randagio, voleva confermare a tutti di essere il capo e attaccò Spino con le sue unghie affilate. 
Spino non era abituato a litigare con quel genere di bulli. 
Era come se un signorino, ben educato e pulito, litigasse con un ragazzo vissuto sempre in una banda, nel ghetto più misero, abituato a fare a pugni tutti i giorni.
Spino, con qualche ciuffo di pelo in meno e qualche graffio in più, riuscì, piuttosto malconcio, a scappare. 
Ormai era stanco ed affamato. A casa, a volte, faceva lo schizzinoso su alcune pappe che la padrona gli dava. 
E lei, buona e accomodante, gli dava qualcos’altro da mangiare.

Dal cunicolo sentì un odore particolare che gli procurò un formicolio strano. Era un topo in avanscoperta che, con tanta prudenza e silenzio, andava a controllare se i gatti avessero lasciato avanzi della loro cena.
In un lampo, Spino balzò sul topo e lo uccise con un morso al collo.

Non era la prima volta che Spino uccideva un topo. 
Ma le altre volte lo aveva fatto per gioco e li uccideva dopo essersi divertito a farli scappare, per poi riacciuffarli.
Non si sognava mai di mangiare un topo perchè era più buona la pappa di casa, che non gli mancava mai. 

Il topo morto lo depositava generalmente sull'uscio della porta d'entrata, per donarlo alla padrona. 
Una sola volta ne mise uno sul cuscino. Apriti cielo! 
Dalle urla della donna, capì che non era quello il posto indicato. 
Pensava, comunque, che la padrona fosse un'ingrata a buttare via, nervosa e schifata, i suoi doni.

Spino questa volta, con la pancia che continuava a brontolare, ne mangiò un pezzo.
Un'ora dopo, un altro topo, che voleva scoprire che fine avesse fatto il primo, fece la stessa fine. 
Ma Spino non era diventato cattivo. 
Era solo l'istinto di sopravvivenza e la paura a farlo comportare in quel modo. Adesso, infatti, non si divertiva più ad uccidere un topo. 
Lo faceva perchè voleva continuare a vivere, per ritrovare la sua padrona.

La comunità dei topi aveva un eccellente servizio di informazioni. 
Quella notte, mentre Spino dormiva i suoi sogni brevi ed inquieti, scoprirono la presenza dell'intruso e dei resti dei loro compagni. 
Fu subito organizzata una assemblea per decidere il da farsi. 
Qualche topo proponeva di cambiare strategia nella ricerca del cibo, altri che era il caso di trasferirsi altrove. 
Si sa che nelle riunioni vi sono sempre tante idee confuse e non si raggiunge mai una decisione unanime. 
Così avvenne anche quella notte e la riunione venne aggiornata alla sera dopo. 

Come succede tra le persone, dove alcuni ragazzi pensano di salvare il mondo e alla fine, di norma, combinano solo dei pasticci, nella comunità dei topi, tre giovani topini erano convinti che l'unica possibilità fosse quella di combattere il nuovo gatto e di scacciarlo. 
Il problema era come batterlo. 
Nella storia, mai un topo aveva vinto una sfida con un gatto. 
Uno dei tre topini, di nome Teo, ebbe un'idea: il gatto doveva essere buttato in mare. 
Il piano di Teo prevedeva che i suoi due amici sarebbero passati davanti al cunicolo e si sarebbero fatti rincorrere da Spino fino al molo. 
Teo avrebbe aspettato il gatto, immobile, al limitare del molo, senza scappare. 
Il gatto, vedendo una preda più facile, avrebbe attaccato lui. 
Nel momento del balzo, un attimo prima di essere afferrato, Teo si sarebbe buttato in acqua. Spino, nello slancio di afferrarlo, sarebbe cascato nell'acqua anche lui. 
Con l'acqua profonda tre metri, il gatto sarebbe affogato e i topi potevano continuare a vivere in pace. 

Il piano, però, poteva anche non riuscire ed i tre topolini potevano morire, ma non mancò loro il coraggio di attuarlo.
Teo, sembrava condannato comunque. In acqua, anche lui sarebbe annegato! Ma i due amici topini, Gigo e Dino, erano furbini e completarono il piano d’azione. 
Uno possedeva un tappo di bottiglia che si sarebbe divertito a rosicchiare con gli amici più tardi; l'altro aveva trovato un filo sottile molto lungo. 
Il seguito dell’azione prevedeva che Gigo avrebbe buttato in acqua il tappo, sul quale Teo si sarebbe aggrappato come un salvagente. 
Dino avrebbe, poi, lanciato un capo del filo e con Gigo, tenendo l'altro lato con i denti, avrebbero tirato su Teo. 

Chissà perchè, i piani più difficili riescono sempre meglio di quelli più facili. E questo, impossibile a crederci, circa un'ora dopo riuscì alla perfezione. 
Spino aveva fame. Aveva visto due topini che si mantenevano lontani, senza mai avvicinarsi troppo nel cunicolo dov'era lui. 

Spino si manteneva silenzioso, pronto a scattare, in agguato. 
Ma affamato, dopo un po' d'attesa, fu costretto ad uscire fuori e rincorrerli.
I topini scapparono verso il molo, poco distante. 
Spino, alquanto stanco, si stava chiedendo se era il caso di spendere ancora energie nello sforzo di acciuffarli, quando vide un'altro topino, così impaurito da rimanere immobile. 
Gli si diresse contro, si preparò allo slancio e dette un balzo con le unghie affilate e pronte ad afferrare il topino. 
Con disappunto, durante il salto, Spino si accorse che il topino era sul bordo del molo. 
Dietro si vedeva chiaramente il luccichio dell'acqua. 

Teo si lanciò indietro in acqua, un attimo prima di essere afferrato. 
Spino poteva forse salvarsi, ma la natura di cacciatore ebbe il sopravvento. Allungò di più le zampe e..... cascò con un miagolio spaventoso nell'acqua del porto. 

I gatti odiano l'acqua e così lo era per Spino. 
Era terrorizzato, e poi non sapeva nuotare. 
In quegli attimi gli vennero in mente i momenti felici passati con la sua padrona e provò un grosso dispiacere di morire senza rivederla.

La sua padrona, d'altro canto, era molto affezionata a quel grosso gattone, così viziato ma tanto coccolone. 
La sua compagnia le dava conforto ed allegria. 
Alcune notti, svegliandosi, accorgendosi del russare del gatto, si sentiva meno sola. 
Quando lo accarezzava, le faceva tenerezza sentire il rimbombo delle fusa.
Da quando aveva perso Spino, la vita le era cambiata radicalmente. 
Tutte le sere tornava a cercarlo e alla fine si fermava sul molo, sconsolata. Sperava almeno che non fosse morto e che una brava famiglia l'avesse adottato e si fosse presa cura di lui.

Quella sera, dopo alcune ore di ricerca vane, mentre era sul molo, triste e sola, udì un miagolio terrorizzato, più avanti a lei. Era lui! 
Con il cuore in gola corse verso quella parte ed intravide un gatto, il suo Spino, che annaspava nell'acqua e che era sul punto di annegare. 
Senza pensarci su, si lanciò in acqua e lo afferrò. 
Il gatto era troppo impaurito e si aggrappò saldamente, con le unghie, sul collo della persona che lo salvava, facendole male. 
Alle grida d'aiuto della donna, due passanti l'aiutarono lanciandole una corda e tirandola su.

Quando tra un miagolio e l'altro, Spino realizzò che la persona che l'aveva salvato era la sua padrona, le si strinse addosso fiducioso, tirando indietro le unghia, dandole bacini affettuosi, facendo le fusa. 

Era proprio vero che i mici hanno nove vite! Anche la sua padrona piangeva lacrime di gioia. 
Il suo Spino era vivo e l'aveva ritrovato.

Da quella sera, Spino si è ripromesso, a parte il fatto di non scappare più, di mangiare tutto quello che la padrona gli da, senza fare il difficile, e di diventare un gatto riconoscente e di amare la propria padrona.

Dalla storia di Spino, i gatti hanno creato un nuovo proverbio:" Chi trova una buona padrona, trova un tesoro". 
Dovete sapere che la storia di Spino è la favola principale che le gatte raccontano ai propri gattini, di sera, per non farli crescere viziati e disubbidienti. 
E' anche la leggenda che i topi si tramandano per ricordare i topini che ebbero il coraggio di vincere uno scontro con un gatto, usando l'intelligenza ed il cuore.