Un miracolo d'amore

Fee Macciacchini

 

Tranquillo, Giacomo, seduto nello studio del suo amico d’infanzia Sergio, ed ora primario della clinica della loro città, stava aspettando.
Si erano conosciuti al liceo e avevano poi scelto la stessa università: lui facoltà di giurisprudenza e Sergio medicina.
Tanto studio, tanti esami (ma anche tante belle ragazze) poi una bella carriera per entrambi, e due matrimoni riusciti.
Giacomo era passato da Sergio per delle analisi, perché negli ultimi tempi non si sentiva molto bene. Pensava fosse lo stress: come avvocato di grido lavorava moltissimo, ma la salute non gli aveva mai dato nessun problema.
Quindi non era preoccupato, aveva accettato di sottoporsi a questi esami perché sua moglie Clarissa, del quale era innamorato ancora dopo una decina anni, lo aveva quasi obbligato.


Quando Sergio entrò nello studio, Giacomo capì dall’espressione del suo viso che le cose non andavano bene.
Si conoscevano da tanto tempo e ognuno capiva le emozioni dell’altro, anche senza parlare.
Giacomo subito disse all’amico;” dai sputa, non dirmi bugie. Sai quanto io ami la verità e sono pronto”.
Sergio pronunciò un nome terribile: leucemia.
Giacomo si limitò a chiedere all’amico:”quanto tempo mi resta”?
Sergio alzò le spalle e disse che si dovevano ancora effettuare degli accertamenti ma che la situazione si presentava molto grave. Sei mesi forse o molto meno.
Giacomo lo fissò e disse : Sergio non faccio più nessun accertamento, nessun altra analisi e non intendo iniziare cure. Ti prego, non dire a nessuno di questi esami, neppure a tua moglie. Sai quanto sono amiche le nostre mogli e uscirebbe fuori la verità.
Lo sappiamo noi due e basta. Questa è la mia volontà e non intendo cambiare idea. Mi conosci, quando prendo una decisione, vado fino in fondo. Purtroppo verrà il momento e ne dovremo parlare ma non ora, ti prego in nome della nostra amicizia.”
Sergio, legato anche, dal segreto professionale, promise dicendogli però che non tutto era perduto e che la ricerca su questa terribile malattia aveva fatto grandi passi.
Giacomo si limitò a ricordargli che suo padre era morto di leucemia, aveva fatto tante cure ma non erano servite a nulla, aveva solo subìto inutili torture.


Quando Giacomo usci dall’ospedale, si sedette su una panchina perché le gambe non gli reggevano: era un uomo molto forte e deciso ma una notizia così avrebbe stroncato chiunque.
Faticò a concentrarsi, ma capì che doveva farlo: prima di tutto non avrebbe detto nulla alla moglie. Erano soli, i tanto desiderati figli non erano arrivati ed ora erano una coppia veramente felice e equilibrata.
Passavano i giorni liberi, insieme. Lei aveva l’hobby del giardinaggio, lui era negato e allora pur di starle vicino, si limitava a fare l’aiuto giardiniere e sua moglie rideva divertita perché anche in questi semplici aiuti riusciva a combinare guai.
Uscivano poco perché avevano una casa molto accogliente: poco lusso ma tutto ciò che serviva a loro. 
E poi c’era lui: Jeremy. Un bellissimo esemplare di setter irlandese che amava entrambi e che loro pure amavano come il figlio che non era arrivato.
Jeremy, capiva tutto. Era buono, obbediente e sempre felice. 
Quando lo portavano fuori nei prati vicini a casa, non si allontanava mai perché sembrava volesse proteggerli.
Quando pensò a Jeremy, Sergio capì che con lui avrebbe potuto parlare di quanto gli stava succedendo. Senza pudori gli avrebbe parlato del grave dolore che provava pensando di dover lasciare Clarissa, il suo lavoro, la sua casa. Insomma tutto quanto aveva costruito da solo senza appoggi e con onestà.
Lui avrebbe capito e gli sarebbe stato vicino fino alla fine.


Tornò a casa e con la scusa di una tremenda emicrania, andò a letto senza cenare e Clarissa, ignara, gli disse che doveva smettere di lavorare così tanto. Gli preparò una tisana calda e lo lasciò riposare.
Stravolto dagli eventi si addormentò subito ma sognò il padre, le sofferenze del padre, un sonno agitato.
Si sveglio verso le due, sentì un caldo alito sul viso e vide Jeremy che lo stava fissando e guaiva piano piano in modo da non svegliare Clarissa.
Si alzo e con Jeremy andò in salotto e iniziò a parlare con lui. Tutto gli disse ed alla fine gli rivelò anche il suo segreto che ormai si era fatto strada nella sua mente.
Nei giorni seguenti riuscì a comportarsi normalmente con Clarissa, a passeggiare con lei e con Jeremy, a fare pasticci in giardino.
Aspettava il momento migliore per mettere in atto ciò che desiderava fare, ma pensando al padre non vedeva altra via d’uscita.
Quando ne parlava con Jeremy, il cane guaiva e gli posava il muso sulle ginocchia come se volesse impedirgli quella tremenda cosa che lui aveva deciso di mettere in atto.
Sua moglie un giorno a pranzo gli disse che avrebbe dovuto passare quasi tutto il pomeriggio dall’estetista e dal parrucchiere, perché si avvicinavano le ferie (che passavano sempre nello stesso albergo al mare) e voleva essere in ordine come piaceva a lui.
Ecco, si disse Giacomo, quello era il giorno giusto. Lui era pronto, cercò di allontanare Jeremy , mandarlo in giardino e non fu certo facile.
Andò in bagno, trovò subito il contenitore con le pastiglie di sonnifero che aveva ben nascosto. Erano pastiglie di un prodotto molto forte, le aveva trovate nell’armadietto delle medicine di suo padre e per un motivo sconosciuto non le aveva mai buttate. 
Era al corrente che una dose sbagliata sarebbe stata fatale. Il medico di suo padre lo aveva avvisato e le aveva prescritte solo per i momenti peggiori della sofferenza. 


Uscì ancora una volta in giardino, abbracciò Jeremy piangendo, gli chiese perdono e gli chiese pure di stare vicino a Clarissa. Poi torno in camera e con lucidità ingoiò tutte le pastiglie accompagnadole con un enorme bicchiere di wishy. Sapeva che non sarebbe successo subito, ma in una ora circa, tutto sarebbe finito
Fuori Jeremy abbaia, urlava, ma ormai Giacomo stava già iniziando il suo ultimo viaggio.
Allora, Jeremy che non usciva mai dal giardino da solo, spiccò un salto e si trovò sul marciapiede, si fermò un attimo come se volesse decidere dove andare e poi come una furia si mese a correre verso il salone d’estetica dove una volta sola Clarissa lo aveva portato.
Sembrava un fulmine ma il salone era parecchio distante e corse per almeno 10 minuti, sembrava volasse.
Entrò in quel salone senza nessun riguardo, buttò all’aria tutto ciò che gli faceva d’ostacolo, abbaiava, anzi ululava.
Il personale si spaventò ma il proprietario del salone che personalmente seguiva Clarissa, riconobbe Jeremy e fece in modo che il cane la trovasse subito.
Per fortuna la seduta era quasi terminata e Clarissa capì che il suo cane voleva che lei lo seguisse e subito.
L’auto era posteggiata fuori e in tutta velocità arrivarono a casa. Jeremy la tirava per la gonna verso la porta della loro camera da letto. 
E Clarissa vide suo marito steso nel loro letto, pallidissimo e in mano teneva ancora il contenitore vuoto delle pillole.
Con il cellulare, senza perdere completamente la testa , chiamò un’ambulanza.
Clarissa stava immobile, pensava solo che si trattasse di un brutto sogno: Jeremy le stava vicino e lei lo accarezzava dolcemente.
I soccorritori arrivarono immediatamente e si resero conto della gravità della situazione. Dopo le prime cure, le più urgenti , misero Giacomo nell’ambulanza e partirono velocemente verso l’ospedale.


Clarissa nemmeno entrò nell’ambulanza: era impietrita, non riusciva a capire.
Solo i baci di Jeremy le facevano capire che non era un sogno: stava succedendo proprio a lei, Giacomo aveva tentato il suicidio e forse gli era riuscito.
Nella sua testa c’era solo una domanda, ma perché???
Un vicino loro amico capì che Clarissa era sotto choc, chiamò un medico che le iniettò un tranquillante e con la sua auto la portò in ospedale.
Clarissa si stava riprendendo e volle stare seduta fuori dalla sala dove i medici stavano facendo il possibile per salvare Giacomo.
Non si seppe mai come, ma Jeremy riuscì a seguirla e mettersi di fianco a lei. Chi si avvicinava per allontanarlo si spaventava perché lui, Jeremy , cane così dolce e mai aggressivo , diventava una belva e faceva capire che mai avrebbe lasciato Clarissa in questo delicato e tragico momento.
Finalmente da quella sala uscì un medico, si avvicinò a Clarissa e le disse: signora, suo marito è salvo per un miracolo, ancora una mezz’ora e non avremmo potuto salvarlo, 
E allora Clarissa scoppio in un pianto liberatorio e abbracciò Jeremy, così forte che quasi non lo faceva respirare. Jeremy capì: Giacomo era salvo e allora cominciò a scodinzolare e a guaire di felicità.
Clarissa realizzò con immensa commozione che il suo amato cane aveva salvato la vita a Giacomo.


Ancora ubriachi di felicità, non sentirono i passi di Sergio che li raggiunse. Era sconvolto e Clarissa pensò che lo fosse per Giacomo.
Ma Sergio parlò: “Clarissa, ti devo parlare molto seriamente. Fai uno sforzo e ascoltami: sarò molto chiaro. Ti ricordi che qualche tempo fa Giacomo su tua richiesta si sottopose a degli esami? Ebbene da quegli esami uscì una prima diagnosi: leucemia.
Giacomo mi proibì di parlarne con nessuno e si oppose a quasi altra analisi e qualsiasi terapia. Ricordava fin troppo bene suo padre: le cure non erano servite a nulla, mi disse. Io dovetti accettare.
Ora, quando un medico mi disse quanto Giacomo aveva tentato di fare, chiamai la mia assistente e mi feci portare l’incarto delle uniche analisi di tuo marito.
Quel giorno ricordo bene stavano cambiando tutti i computer e c’era un po’ di disagio: qualcuno inserì per la stampa le analisi di tuo marito sotto il nominativo di un altro paziente e quelle di quel paziente vennero stampate e messe nella cartella di Giacomo.
Ho ricontrollato il tutto parecchie volte : Giacomo è sano, nemmeno una analisi fuori posto.
Dunque ricapitolando: le analisi che lessi a tuo marito non erano le sue.
Per essere ancora sicuro mi sono fatte inviare le analisi fatte oggi: sono analisi anormali , capirai per uno che ha preso quella quantità di pastiglie, ma non c’è nessuna traccia di leucemia.
Se Jeremy non ti avesse chiamato, non avremmo potuto fare nulla per lui, cioè per un Giacomo sanissimo”.
Potrai mai perdonarmi??” 
Clarissa lo abbracciò ed era così felice che le fu solo possibile pronunciare un debole si!!!


Quando permisero a Clarissa di vedere suo marito, vicino a lei c’era Jeremy che sembrava pazzo di felicità.
Come fanno sempre gli animali, non chiedeva nulla per aver salvato la vita al suo papy, ma gli bastava saperlo vivo, vicino a Clarissa.
E mentre i due si abbracciavano e piangevano, Jeremy con i suoi bellissimi occhioni neri guardò in alto e ringraziò il suo e nostro Dio per la grazia ricevuta, a suo modo aveva pregato e Dio che ascolta tutti, aveva scoltato anche lui!!!