Guido
Franca Rivarola
Era un fiore appena sbocciato e già la sua bella corolla era stata danneggiata da una mano inesperta, incauta. Quella mano così poco amorevole, egoista, agiva solo per raggiungere il fine che si era prefisso “ il guadagno “ e incurante di ciò che stava accadendo deturpava quel fiore pur di non sottrarsi alla sua falsa “conoscenza”.
Non ebbe coscienza, e distrusse per sempre quei petali che avrebbero dovuto dare gioia al cielo, ed alla terra che lo aveva generato.
”Ella“ accolse quel fiore così come era, felice d’averlo, ma anche angosciata per lui, per quella vita così “ diversa ” che avrebbero dovuto affrontare, ignari di tutto ciò che li attendeva.
“Ella ” espletava il suo compito di madre, dal cuore tragicamente ferito, donando tutta se stessa a quella fragile creatura che continuava a vivere resistendo con tenacia a tutto, a tutti, come se volesse testimoniare con la sua presenza la violenza che gli avevano inferta.
Il suono della sua voce era un pianto, un pianto accorato come se volesse dire al cielo, alla terra, agli uomini: ” Guardate, uomini superficiali e sciocchi che sciupate le vostra vita, il vostro corpo sano, guardate cosa siete capaci di fare con un sol gesto incauto, guardate e piangete di voi stessi, io vi perdono, io pregherò per voi affinché possiate capire ! ”
Lui e lei erano in perfetta simbiosi, ella di quel fiore ne fece la “poesia” della sua vita, lo amava più di ogni cosa. Innaffiava quelle radici fragili e forti nello stesso tempo, ed esso cresceva, cresceva, ed ella gli dava linfa, tanta linfa dalle sue viscere pensando che potesse “riparare” quella corolla offesa, ma dalla sua fatica otteneva soltanto qualche piccolo miglioramento, per quanto si operasse non riusciva a rimodellare quei petali, ma i loro colori il loro profumo però appagavano quella zolla che lo aveva generato.
Ma venne un giorno che quella terra capì che stava esaurendo le sue energie, e allora cominciò a tremare, a temere di non poterlo più sorreggere ed ebbe paura.
Paura di morire!
Capì, ebbe la certezza che “dopo” sarebbe morto anche lui, solo, abbandonato alla mercè di viandanti incauti, indifferenti che lo avrebbero calpestato che avrebbero”finito” brutalmente quella “corolla” tanto amata.
Ella, allora, pianse disperata per non avere il dono di sconfiggere la morte per se, per lui ed annientata ebbe soltanto la forza di gridare un nome: GUIDO ! ! !