Disavventure di un neo laureato

 

Francesco Gugliotta

 

 

            Mi ero laureato da poco e  mentre assolvevo i miei doveri di ufficiale medico avevo   partecipato ad un concorso che avevo vinto e che mi aveva dato la possibilità di lavorare in un Ospedale Tisiologico della mia Palermo, come assistente di ruolo.

            In quei tempi era consentito poter esercitare attività convenzionata con le  Assicurazioni Malattie che erano di vario numero,corrispondenti agli enti o industrie presso cui prestava la propria opera il lavoratore.

Essendo alle prime armi ebbi l’opportunita’ di annoverare tra i miei pazienti alcuni portantini dell’Ospedale con le loro famiglie.

Una di queste era rappresentata da una coppia di coniugi già in età abbastanza matura: lui, vicino ai 65 anni lavorava in ospedale come portantino ed era un fumatore incallito di sigarette (quelle poco costose e ricchissime di nicotina e di residui carbonosi:le gloriose Alfa); soffriva di bronchite cronica con tosse e dispnea ai minimi sforzi che lo tormentavano per l’intero giorno; ma altra  affezione altrettanto severa era il diabete mellito che lo costringeva a praticare l’insulina, con scarsi risultati perché negli ultimi periodi  era sopraggiunta una delle complicazioni più gravi e cioè la arteriopatia obliterante agli arti inferiori, esitata in necrosi di un arto per cui si rese necessaria l’amputazione alla gamba destra. Pertanto fu  costretto ad andare in pensione anticipatamente e tale provvedimento non gli fu agevole nei confronti della sua salute, giacchè trascorreva il tempo sdraiato in poltrona davanti l’uscio di casa, con la sigaretta perennemente penzolante tra le labbra.

 Tale rito, peraltro,era solito consumarlo con la moglie che rappresentava,  senza ombra alcuna, quanto lui potesse pretendere in fatto di compagna di vita. Era una cicciona dell’apparente età di 68-70 anni  che a parte la sgradevolezza che suscitava nel vederla, aveva una faccia  rotonda al pari di un sole al perielio, rossa paonazza, con due grandi occhi che parevano due di quelle torce elettriche che impugnano i poliziotti nei soliti film idioti della tv, allorché vanno alla ricerca del cadavere nei sobborghi di qualche città metropolitana della tanto amata America.; i capelli erano ridotti ad un cerchio che lambiva le tempie e che si spingeva fino all’occipite lasciando glabro il cocuzzolo della sua testa  e togliendo ulteriore grazia a quel corpo, ammesso che ne ve ne sia stato qualche frammento. La donna in se non poteva suscitare certamente desideri nascosti di tipo sessuale, tranne per gli psicotici adusi a ricercare il soddisfacimento in qualsiasi maniera.La sua raffinatezza raggiungeva l’acme allorché gorgogliava qualche dittongo che esprimeva in un siciliano ancestrale da uomo di Neanderthal, con una sonorità fioca, morente sul nascere.

Il rito di tale quadretto esilarante si concretizzava ogni pomeriggio e soprattutto in estate era così rappresentato: lui seduto in sdraio con le stampelle appoggiate sul tavolo e con la perenne sigaretta in bocca; lei di fronte, sudaticcia e ansimante, con le gambe divaricate e con un vestito ( intriso del sudore di tutto un giorno), tirato sulle sue  cosce, deformate da chili pendenti di cellulite a soffiarsi non con un vezzoso ventaglio veneziano ma con quello di cui dispongono di regola le massaie per attizzare la carbonella ( il vecchio ‘muscaloro’); v’è da supporre peraltro che la de cuius in quelle condizioni non potesse attizzare un bel niente.

Succedeva che a seguito di periodiche mie visite che per ovvi motivi dovevo eseguire a casa loro, il marito mi prendeva in disparte e dopo aver girato gli occhi intorno a che nessuno si accorgesse della scena, mi  sussurrava alle orecchie: Duttu ma cinnè di di pinnule ,chiddi ca fannu, …. Lei mi capisce, piicchì  …cà.. un tira niente ? e nel dirlo pudicamente abbassava lo sguardo lungo delle ben note direzioni ; e me lo sussurrava con la fierezza del mascolo siciliano associato al disappunto profondo per qualcosa che gli toglieva la sua virilità. Ricordo che io lo guardavo stordito da tale richiesta, soprattutto perché mi prefiguravo  (molto alla lontana )cosa potesse per quella coppia rappresentare una unione fisica, e così mentre lui blaterava le sue richieste con la voglia e la determinazione di un diciottenne dei tempi che furono quando si spasimava per andare al casino, mi chiedevo come tale amplesso fosse stato possibile, osservanda la stazza della compagna e la mutilazione di tutto un arto, conseguenza del diabete: certamente , dicevo tra me, esisteranno delle  varianti del Kamasutra che quell’uomo conosce e che io medicuncolo sbarbatello ancora non ho studiato. Poi, nel tentativo di convincermi che si alla fin fine ciò sarebbe stato possibile, gettavo un rapido sguardo sulla cicciona, la quale con aria sorniona continuava ogni volta a soffiarsi, dando chiaramente ad intendere che aveva compreso tutto e che lei era pronta da tempo per quei riti estatici, da tempo sopiti.

Di fronte a tali richieste, ricordo, che io tentavo di convincerlo che non esistevano farmaci in grado di dare rapidamente gli effetti che lui cercava e che il suo problema era dovuto al diabete e alle sigarette.Lui manifestava dispiacere e quasi mi implorava di trovare qualcosa che magari di tanto in tanto potesse consentirgli… diciamo una volta per tutte di fottersi sua moglie. Ogni volta me ne andavo consapevole della impossibilità di aiutarlo e allo stesso modo con il desiderio di vederlo una volta contento.

Fu cosi che mi decisi un giorno a prescrivergli del testosterone, pur non essendovi alcuna indicazione mirata al suo problema. Lui accolse questa mia prescrizione con grande soddisfazione e volle precisato numerose volte la posologia e la durata del trattamento e proprio in quella circostanza mi accorsi che la sua tosse era diventata ancora più frequente accompagnata anche da un certo affanno talche’ la mia perplessità sul come eventualmente avesse potuto fare l’amore con la moglie, fu  ancora più forte.

Trascorsero una quindicina di giorni e al momento stabilito mi avviai con passo fermo e quasi orgoglioso a casa dei coniugi i quali erano sempre posizionati allo stesso modo.sigaretta in bocca.. gambe aperte… sudore… ventaglio da agricoltore…sguardi assenti.

Appena apparvi mi vide, si alzò servendosi della stampella, mi venne incontro.Il volto appariva

compiaciuto come di chi ha il desiderio di far conoscere un fatto, un avvenimento importante. Pensai: E’ fatta. Stavolta di questa esperienza farò pure una pubblicazione. Si avvicinò e mi sussurrò:Dottò…. Di quelle pillole….nienti e fece ruotare la mano con il pollice e l’indice ben estesi, un ficiru  niente …Però. Il respiro!…ah…..ma come respiro bene!…. Dottò!