Dicesi “cronaca grassa”
quell’avvenimento ilare che accade in modo inspiegabile e non previsto, ed è ‘
grassa’ in quanto serbatoio di notiziole amene, ridicole, realisticamente
comiche.
Mi trovavo a svolgere, presso il mio ambulatorio, il mio pseudo- lavoro di
burocrate del Sistema Sanitario, quale dottore in Medicina ormai consunto, come
succede ai malati di tubercolosi cavitaria, da imposizioni di leggi, leggine,
note, protocolli, piani terapeutici, visite di controllo, ADI, Adp, Sert,
ricoveri in TSO e una tiritera di altre misere commissioni che io, suddetto
burocrate, medicuncolo ( ho scritto medicuncolo…) ero costretto a praticare per
ottenere una contropartita economica che alla fine mi consentiva l’acquisto
mensile di una Bottiglia di China Martini col quale inneggiavo, ogni sera, alla
meravigliosa realizzazione della mia esistenza .
Dicevo che, impegnato nella titanica lotta di trascrizione di ricette, il 13
settembre timidamente si presentò sull’uscio il mio paziente Vito, un dì obeso e
iperteso che (da me convinto) aveva preso a correre e a gareggiare con discreti
successi personali, emulando il sottoscritto che nei rari momenti di tempo resi
liberi dopo l’abbuffata della grande scienza medica a cui mi sottoponevo ogni
giorno, davo ampio sfogo alle mie esili, a dir il vero, possibilità di correre
in modo …degno. Tuttavia la mia testardaggine ( non per niente sono Aretino!) mi
costringeva a sforzi sovrumani dopo i quali stramazzavo abitualmente su un prato
o su un marciapiede, ma riuscendo a non battere lo stesso.
Vito mugugnò poche sillabe: Domenica 17 settembre si sarebbe svolta una gara a
Borgo Nuovo.
Il sottoscritto,cioè io, che nella mia precarietà sportiva pretendo di poter
effettuare periodicamente una verifica delle mie qualità atletiche per stabilire
(anche se in modo imperfetto) quanto tempo ho a disposizione nel cammino
periglioso di questa vita del tubo, accolsi la notizia con una certa
soddisfazione e ciò mi permise di risolvere per quel giorno l’immensa serie di
quelle inutili prescrizioni di ricette, gustando un’effimera intima serenità e
quasi salmodiando il ‘servire dominum in laetitia’ di papale memoria.
Puntualmente la domenica successiva alle 8,45, dopo l’abituale accurata
preparazione e dopo il rito della vestizione svoltosi nel segreto della mia
abitazione, mi recai in auto , come convenuto, a Borgo Nuovo là dove supponevo
che dovesse svolgersi la tenzone ma scrutai una piazza deserta e per di più
stracolma di rifiuti. Ebbi
un attimo di perplessità e dopo pochi istanti vidi sopraggiungere ad una certa
velocità un automezzo della ditta incaricata della pulizia che, in men che non
si dica, rastrellò ogni sporcizia dal selciato e con un gran fracasso fece un
giro rapido della piazza e si allontanò di gran corsa, perdendosi subito
all’orizzonte, avvolto da una nube di polvere pregna di lerciume e di rifiuti
svolazzanti,espressione corporale dell’abbuffata ecumenica su quella pubblica
piazza della sera precedente e dando la sensazione, a me ancora,con lo sguardo ‘allallato’,
che stesse sgusciando via come per dire:”Adesso so ca…zi vostri !!
Il fatto mi procurò qualche sospetto anche perchè da subito non intravidi alcun
atleta e solo in lontananza scorsi la figura di alcuni miei amici: Vito, per
primo, manifestava un’aria baldanzosa e si perdeva con i suoi mugugni a riferire
che lui lavorava lì, al Centro Sociale, si proprio lì dove ci stanno gli anziani
che lui fa giocare, dà loro le carte, dà loro la dama e poi cosa importantissima
tiene e maneggia l’unica chiave del gabinetto, …che se noi avevamo necessità…
potevamo andare (beh…. Si può anche consentire), si, si poteva andare a
…pisciare, certo sotto il suo controllo! V’era poi il Franco, quello della pinna
arrotolata che, con atteggiamento dignitoso, avendo a latere la consorte,
incedeva guardandosi intorno e stralunando dietro i suoi spessi occhiali, uno
sguardo di chiara meraviglia e… però.. forse coltivava in cuor suo la
supposizione che una scarsa partecipazione gli avrebbe consentito di agguantare
con la consueta voracità l’ennesima coppa. Completava la scena un altro atleta,
tale Nino soprannominato ‘scioppettino’ forse per meriti tracannatori e tale
Salvo, che di speciale presenta il numero del piede :il 48.
Ci salutammo e ci scrutammo negli occhi con perplessità. Andammo alla ricerca di
qualcuno che potesse dare qualche notizia, considerato peraltro che l’orario
presunto della partenza si avvicinava. Qualcuno, non so a che titolo, ci
confermò che la gara sarebbe stata effettuata puntualmente; difatti dopo circa
un quarto d’ora, in un angolo della piazza apparvero un gruppetto di tre o
quattro persone che portarono un tavolino traballante, di quelli che ti
ricordano i tavoli ove poggia il suo cesto il venditore di frittola.
Credo che Franco, che talora ha il rutto facile, e lo Scioppettino, che
probabilmente prima di scioppetare e’ abituato a ingurgitare, immaginarono che
la gara fosse stata annullata e che venisse offerta ad abundanziam una valida
alternativa, rappresentata da uno sgarrubamento senza fine di unghia, di musso e
di orecchie di porco. La mia sensazione nasceva dall’aver constatato su entrambi
ampi rivoli di saliva straripanti agli angoli della bocca che gocciolavano per
terra e che ,aimè povero medico, mi ricordavano il gocciolio dei tempi d’oro
dello ‘Scolo’; in effetti si poteva incorrere in tale errore poiché, da esso
tavolo, si sprigionava solenne una marea montante di odore fetido, fetente e
fetentone, di quelli ( per intenderci) che ti marcano per un giorno intero
finche non ti sgrassi adeguatamente e in toto.
Una voce decisa e tonante ci avvisò che erano aperte le iscrizioni che venivano
registrate in un gran foglio bianco plastificato con un pennarello; ci venne
consegnato il numero del pettorale che , unica volta in vita mia, era costituito
da un rettangolo di piccole dimensioni, ricavato da un sacco di plastica dell’Amia,
al che io, nella mia proverbiale ingenuità, mi convinsi che la gara era stata
sponsorizzata dal Comune e chissà forse sarebbe pure intervenuto il Sindaco
Cammarata.
Alla fine la lista dei partecipanti era composta da: Io, non perché sia il
migliore, Franco,Nino, Salvo,due o tre giovani di età tra i 25 e i 35 anni,
quattro o cinque ragazzi di 13-14 anni e, unica donna, la moglie di Franco che
aveva l’ardito compito di arrivare prima in campo femminile.
Terminte le operazioni di riscaldamento, fummo chiamati al nastro di partenza da
un tale di apparente 50 anni con sguardo tra l’imbambolato e il confuso, con un
colorito giallastro agli occhi che, con una loquela di estrazione francamente
dialettale nella quale erano inserite parole italianizzate, ci avvisò senza
mezzi termini che nessuno doveva fare il furbo per arrivare prima.
Poi dette la partenza e immerso in quella straripante coorte di atleti, viaggiai
immediatamente nelle ultime posizioni. Dovevamo percorrere otto giri di un
percorso di milledueceno metri, che in totale facevano novemila seicento metri,
distanza alla quale non era allenato. Il mio pudore mi aveva comunque aiutato
giacchè mi ero fornito di un cappellino con enorme visiera, di quelli alla West
Point che usa il presidente Bush quando si trova nel suo ranch in California, la
quale non consentiva a sguardi estranei e malvagi di intuire chi si nascondesse
di sotto; non potei impedire comunque le grida di incitamento alla “amunì nannò
( “andiamo nonno”) che mi facevano tanto male perché mi obbligavano a pensare
che in effetti appartenevo ormai alla terza età.La mia andatura era però
regolare tal che ad un certo punto del percorso acciuffai uno dei concorrenti
giovani e ciò mi consentì di osservarlo.
Era sovrappeso, credo che non avesse neanche lo sguardo “allallato” ma solo “rinco”;
correva effettuando piccoli scatti e quando la forza si esauriva rallentava e si
lasciava andare a profondi gemiti che riempivano il mio cuore di pietà. Mi
chiese quanti anni avessi e alla mia risposta ricadde in una crisi dispnoica
ancor più grave talchè legittimamente pensai che in cuor suo doveva essere
pervenuto alla conclusione di essere veramente un coglione, se si faceva
raggiungere da me. Non lo superai perchè alla fine di quel giro, deviò
rapidamente di novanta gradi e si ritirò dalla competizione.
Continuai imperterrito a correre sotto lo sguardo compassionevole della tarda
età un cui gruppetto mi attendeva pazientemente in un determinato tratto del
percorso; sulle prime rimasi gratificato dai loro incoraggiamenti ma dopo mi
convinsi che sicuramente lì si facevano scommesse clandestine sulla mia tenuta e
che, ogni volta che passavo davanti a loro, aumentavano l’importo delle cifre,
aspettando di veder quando stramazzassi al suolo.
Non diedi loro tale soddisfazione perché in realtà stramazzai sì, è vero, ma
dopo aver superato il traguardo e aver concluso la gara.
Non mi aspettavo certo di essere premiato ma con sommo stupore vidi premiare con
un grossa coppa il giovane che si era ritirato. Vito aveva vinto la gara e
Franco, come era sua abitudine si era comportato dignitosamente ma per lui la
coppa non era prevista.
Iniziò un esilarante discussione che andò per le lunghe e che venne rinvigorita
dall’aver scoperto altre coppe tenute nascoste in malo modo dagli organizzatori.
Vi fù un battibecco vigoroso dopo il quale vidi uscire Franco dal mucchio
brandendo una coppa al cielo e dichiarando la propria legittimità al prelievo
forzoso. Nella mischia si gettò pure Salvo, piede n’ 48, e Nino ‘scioppettino ed
entrambi ebbero il doveroso e legittimo riconoscimento alle loro fatiche.
Ho un ricordo nebuloso ma credo che abbiano invitato anche me a tuffarmi in
quella gioiosa tenzone per acchiappare anche la ‘mia’ coppa.
Declinai l’invito: mi sentivo ‘merda’ abbastanza.