Il caffè lo vuole dolce o amaro?
(Giovanni Volpon)
Aristide era
sposato con Debora, affascinante signora di circa quarant’anni con i capelli
biondi, gli occhi azzurri, l’incarnato pallido ma non slavato, dotata da madre
natura e dalla frequentazione di massaggi,saune,palestra e beauty centers di un
corpo invidiabile ed invidiato .
Grazie al lavoro di Aristide (affermato e facoltoso antiquario con negozio
vicino al Ponte di Rialto) Debora non aveva bisogno di dedicare il suo tempo al
lavoro. Per la cura della casa era affiancata da una domestica e da un
maggiordomo. Nel tempo libero, oltre a coltivarsi e a dedicare il tempo a
ciacole e pettegolezzi con le amiche par suo,si dedicava alla cura di quelle che
si chiamano relazioni (private,non pubbliche, s’intende) .
Fuor di metafora, aveva un’amante.(espressione ottocentesca, ma più descrittiva
e poetica di relazione extra-coniugale, espressione più moderna, ma più arida)
Aristide ,che era più vicino ai sessanta che ai cinquanta(cinquantanove per la
precisione) , si rendeva conto che, data la differenza di età, l’avvenenza della
moglie nonché il tempo libero a disposizione della stessa, tale evento si
sarebbe potuto verificare : Puntualmente il fattaccio di calle Vallaresso era
accaduto.
Aristide viveva la situazione con il distacco,ironico disincanto e disincantata
ironia, in poche parole non se ne faceva un cruccio. Sembrava in questo uno di
quei gentiluomini del settecento cicisbrutti che sapevano che la loro consorte
si accompagnava con un più giovane e piacente (anche più squattrinato, a volte)
cicisbeo .
Del cicisbeo di casa sua conosceva il nome (sapeva che si chiamava Oreste come
il papero guastafeste della pubblicità di una nota marca di cera dei tempi di
Carosello) ,l’occupazione ( era un fotografo di moda ) e l’età (
trentacinque-quaranta o giù di li)., ma non ne conosceva il volto e le fattezze,
anche perché aveva cura di rientrare dando ad Oreste tutto il tempo per
allontanarsi da casa sua in piena tranquillità prima dell’ora di pranzo . Un
esempio di sussiegosa discrezione e discrezionale sussiego .
Lo aveva intravisto solo da lontano, ma gli era preso l’uzzolo di sapere che
viso avesse l’uomo che violava la sacralità del suo talamo.
Un martedi mattina Aristide arrivo’ a casa prima del solito (erano circa le
dieci) per il gusto di soddisfare questa sua – peraltro legittima – curiosità.
Il primo ad essere sorpreso del rientro anticipato fu il maggiordomo Pietro. che
nell’aprirgli la porta lo saluto chiedendo “Cosa è successo sior Aristide? Come
mai a casa così presto ? Nella migliore tradizione goldonian-veneziana il buon
Pietro teneva, come si suole dire, bordone alla gentile siora ed al di lei
amante .
Aristide rispose con nonchalance -“Voglio fare una sorpresa a Debora, portarle
il caffè a letto prima che si alzi. Anzi Pietro, sii gentile, vai a preparalo
con due tazzine del servizio in ceramica di Capodimonte ed appoggiale sul
vassoio d’argento . Glielo porterò di persona” –Pietro era (abbastanza) discreto
e non si permise di chiedere per chi fosse la seconda tazzina. Guarda, fai,
obbedisci e tasi era il suo motto. Era un maggiordomo di stampo (quasi)
anglosassone, anche se era originario di Campagna Lupia (Ve) Venesian de tera e
non de mar ,ciò. Rispose con affettata deferenza e con deferente affettazione
-“Come l’vol,sior Aristide. Tra sé pensava “-Varda sto beco, la ghe fa i corni e
anca al cafè ghe porta! (trad per i non veneziani –guarda questo cornuto, gli fa
le corna e le porta anche il caffè) Ma Pietro pensava in veneziano,parlava metà
italiano e metà in dialetto e agiva all’inglese, Cercarlo(e trovarlo) un
maggiordomo così!!
Pietro, con discrezione, si allontanò e lascio’ che Aristide portasse il caffe’
in stanza da letto. Bisogna anche dire che Pietro, nell’aprire la porta, fece in
modo di pronunciare il nome di Aristide a voce un po’ più alta in modo che
Debora fosse a conoscenza dell’improvvisa ed imprevista presenza del marito.
Ruffianamente discreto e discretamente ruffiano!
Aristide entrò con passo felpato nella stanza da letto. Debora aveva fatto
appena in tempo ad infilarsi la camicia da notte sotto la quale era
completamente nuda e attraverso le trasparenze della quale si apprezzavano le
tette ben tornite ed il pube con annessi piliferi.
Oreste, che aveva lasciato traccia evidente della sua presenza (scarpe mod.
Clarks color blu,, pantaloni di velluto blu a coste strette, dolcevita azzurrino
e calzini bianchi (orrore), di cui uno con buco in corrispondenza dell’alluce),
era appena riuscito ad indossare i boxers marca “Grigio Perla”e ad infilarsi
sotto il letto (nascondiglio “segreto”da commediola di serie C) stile seicento
veneziano.
Aristide porse il caffè a Debora dicendo “Ciao cara, ti ho portato il caffè
.Vuoi due cucchiaini di zucchero se non ricordo male. Debora rimase sorpresa e
riuscì a pronunciare con un fil di voce le parole _“Si grazie, due cucchiaini.”-Aristide
appoggiò il vassoio sul comodino accanto alla parte del letto dove si trovava
Debora , si inginocchiò sullo scendi letto, ruoto ‘ la testa sotto la rete e si
rivolse ad Oreste in veneziano chiedendo “E lu,sior al cafè lo vol dolxe o
amaro? Citazione goldoniana di rara efficacia!
Il primo effetto della richiesta formulata con affettata cortesia fu una
capocciata di Oreste contro la parte rigida della rete metallica con conseguente
bottarella in testa.
Aristide, con tocco di perfido umorismo e di umoristica perfidia chiese “- S’è
fatto male ? Le vado a prendere la borsa del ghiaccio!-”. Il modo di comportarsi
di Aristide aveva lasciato Oreste di stucco. Si aspettava una reazione diversa ,
ma Aristide sapeva (e voleva ) essere sorprendente, perché di sorpresa in
sorpresa……. .
Aristide andò davvero a prendere la borsa del ghiaccio nel frigorifero in
cucina, dando così tempo al fedifrago di rivestirsi.
Oreste si rivestì in tutta fretta e Debora fece a tempo ad infilarsi il
reggiseno e le mutandine sotto la camicia da notte e ad indossare la sua
vestaglia frou-frou color azzurro- cielo di Giorgione .
Aristide arrivò in camera da letto, porse la borsa del ghiaccio ad Oreste
dicendogli “- Me la riporterà con comodo, non penso mancherà l’occasione!”-. Poi
saluto’ Debora dicendo –Non penso che oggi verrò per pranzo, devo trattare la
vendita di una consolle stile Maggiolini con un cliente di Udine- “ .Nel
frattempo ebbe occasione di vedere l’aspetto del cornificatore di calle
Vallaresso.
Era il classico bellimbusto lampadato e coi capelli nero -corvino incollati dal
gel,occhi scuri, baffetti e pizzetto e dal fisico prestante (generosamente
offerto a Debora) coltivato attraverso acqua –gym, palestra, partite di tennis e
di scopa a due. Il cervello era (forse) più arido del deserto dei Gobi in
Mongolia
Oreste non era rimasto solo stupito, ma addirittura scioccato! L’aplomb
veneziano di Aristide era addirittura sconcertante.
Non che Oreste si aspettasse di esser rincorso da un uomo armato di pistola al
grido di “Fermati, fedifrago”o di essere ,ma almeno qualche parolaccia in
veneziano a lui e alla consorte fedifraga e traditrice. Invece niente.!
Addirittura il caffè e la borsa del ghiaccio per la bottarella.!
Aristide segui con discrezione Oreste nelle sua uscita precipitosa da casa,
Dapprima, immerso nei suoi pensieri, Oreste battè il capo contro un lampione (si
era voltato per vedere se Aristide lo seguiva) poi cadde, stordito per la botta,
in un canale dopo uno slalom in una calle.
Venne, per sua buona sorte, ripescato da un gondoliere che, vedendolo svenuto,
gli praticò anche la respirazione bocca a bocca. Grazie alle manovre
rianimatorie del gondoliere, che aveva una capacità polmonare notevole, Oreste
si riprese
Aristide aveva assistito alla scena da lontano e fra sé si era anche divertito.
Una botta contro un lampione ed un mancato annegamento con respirazione bocca a
bocca da parte di un gondoliere con la statura di un corazziere potevano
bastare.
Aristide però volle dare il tocco finale come Arlechin Batocio.
Si avvicinò alla scena e chiese ad Oreste -“ Posso far qualcossa per lù sior? Al
xè bagnato come un pulcino e al se por ciapar (trad.prendere) an malano?Oreste
riconobbe Aristide ed alla sua vista diede in escandescenze e disse “-Portemelo
via no lo vogio veder sto qua!”- I Presenti alla scena (si era formato un
capannello di curiosi intanto) rimasero allibiti e dissero –“Ma varda, un se
interesa e i lo trata mal. Sto qua la da eser mato o imbriago. Lo fon portar al’Ospedal
, cosi’ la ghe pasa.
Oreste fu trasportato in motoscafo ambulanza all’Ospedale Psichiatrico scortato
da due vigili.
Aristide aveva avuto la sua vendetta senza fare (quasi) niente. Solo poche e ben
assestate frasi al momento giusto!